
Raccolta di massime del Buddha dai testi canonici del buddhismo
Colui che non s'identifica con nome-e-forma, che non s'affligge per ciò che non c'è più, costui è il vero praticante.
(Dhammapada, 367)
Ci sono alcuni cosiddetti asceti e religiosi tanto tenacemente attaccati alle loro convinzioni che, vedendo un solo lato delle cose, s'impelagano in dispute e diatribe.
(Udana VI, 4)
Colui che non ha nascosti rancorosi pensieri, che è andato oltre il voler essere qualcuno, oltre il diventare questo o quello, quel tale è libero dalla paura, beato; e neppure gli dèi possono scuotere una tale serenità.
(Udana)
Meglio vivere un giorno solo comprendendo che tutte le cose nascono e periscono piuttosto che cent'anni senza averlo mai compreso.
(Dhammapada, 113)
Meglio di cent'anni vissuti apaticamente e svogliatamente è un giorno solo vissuto dandosi da fare con fermezza ed energia.
(Dhammapada, 112)
Non badare agli errori degli altri, né a ciò che avrebbero o non avrebbero dovuto fare, ma bada piuttosto a ciò che hai fatto o non hai fatto tu. (Dhammapada, 50)
Colui che vince si crea dei nemici. Colui che perde si dispera per la perdita. Ma colui che ha placato la sete sta tranquillo, avendo lasciato andare vincita e perdita.
(Samyutta Nikaya III, 14)
Non c'è padre, né madre, né alcun altro familiare che possa dar più supporto della propria mente ben diretta.
(Dhammapada, 43)
Colui che rimane calmo e consapevole di fronte alla rabbia dell'altro non fa soltanto il proprio bene,ma anche quello dell'altro.
(Samyutta Nikaya I, 162)
Si attraversino pure con la mente tutte le direzioni dello spazio, non si trovera' nulla di piu' caro di se stesso. Sapendo che anche per il prossimo non c'e' nulla di piu' caro di se stesso, colui che ha caro se stesso non danneggi neanche il prossimo.
(Udana, 5,1)
Se non smetti di pensare "quella persona mi ha offeso", continuando ad alimentare il rancore, la rabbia non finira' mai di tormentarti...La furia non mette fine alla furia, ma continua solo a rimbalzarti addosso.
(Sunnata Vagga)
Uno stolto che ha coscienza della propria stoltezza e' saggio almeno in questo. Ma uno sciocco che si ritiene saggio quello si' che e' veramente uno scemo!
(Dhammapada, 63)
Al momento della morte si abbandona tutto cio' che si e' accumulato come "mio". Rendendosi conto di cio', il saggio non sia incline a dedicarsi al "mio".
(Sutta Nipata IV, 6)
Quando la mente e' indisciplinata, sono indisciplinati anche il corpo, la parola e l'azione.
(Anguttara Nikaya)
Se vuoi conoscere il tuo futuro, sapere che cosa ti portera', allora osservati nel presente, che e' la causa del futuro.
(Majjhima Nikaya)
Chi fa il male vede solo il bene finché il male non matura; ma quando il male fruttifica, allora anche lui ne vede il cattivo risultato.
(Dhammapada, 119)
Non sottovalutare il bene fatto, pensando: "Non me ne verrà nulla". L'acqua, cadendo a goccia a goccia, riempie anche una giara. L'uomo saggio si riempie di bene, anche se lo accumula a poco a poco.
(Dhammapada, 122)
È un difetto del linguaggio che le parole suggeriscano realtà permanenti e di conseguenza le persone non vedano oltre quest'inganno. In questo modo la gente parla di una meta finale e pensano che essa sia "reale", ma è solo una forma del linguaggio e la meta, in sé, è priva di sostanza.
(Prajnaparamita)
Come un uomo che voglia domare un toro lo legherà a un albero, così la mente dev'essere saldamente legata con la consapevolezza all'oggetto della meditazione.
(Visuddhi Magga)
«Mi dici di star fermo, ma io non cammino ― gridò un tale ―, mentre tu che cammini dici che stai fermo. Com'è possibile che tu stia fermo ma io no?». Il Buddha si voltò: «I miei piedi si muovono ma la mia mente è ferma ― disse ―. I tuoi piedi sono fermi ma la tua mente è sempre in movimento e alimenta un fuoco di rabbia, di ostilità e di desiderio febbrile. Perciò io sto fermo, e tu no».
(Majjhima Nikāya
Un uomo chiese: «A beneficio di tutte le persone diverse venute ad ascoltare le tue parole, spiegaci in che modo tu hai trovato e compreso». Il Buddha rispose: «Quando si afferrano le cose è a causa di una sete, un attaccamento, una brama. Dovreste lasciarle perdere, lasciarle perdere del tutto, sopra, sotto, intorno e dentro. Non fa alcuna differenza ciò che si afferra. Quando si afferra, si perde la libertà; rendetevene conto e non aggrappatevi a nulla. In questo modo si smette di essere una creatura dell'attaccamento, in potere della morte».
(Sutta Nipāta)
Il meditante si ritira nella foresta, ai piedi d'un albero, o in un posto solitario, si siede a gambe incrociate, col corpo eretto e con l'attenzione fissa davanti a sé. Attentamente inspira, attentamente espira. Egli comprende: "Inspiro calmando le attività del pensiero, espiro calmando le attività del pensiero", così egli si esercita. "Inspiro concentrando la mente, espiro concentrando la mente", così egli si esercita."Inspiro riflettendo sull'impermanenza, espiro riflettendo sull'impermanenza", così egli si esercita. Così quando la presenza mentale dell'inspirazione e dell'espirazione è sviluppata e frequentemente praticata, vi sono grandi remunerazioni e grandi vantaggi.
(Anguttara Nikaya, III, 121)
Non accontentarti del vecchio, non eccitarti per il nuovo. Non addolorarti per ciò che hai perso e non farti guidare dal desiderio.
(Sutta NipÄta)
Piccoli, sottili pensieri: se inseguiti, rimescolano il cuore. Non comprendendo l'effetto dei pensieri sul cuore, si lascia vagare la mente di qua e di là, senza controllo. Ma comprendendo l'effetto dei pensieri sul cuore, la persona vigile e consapevole li trattiene. E allorché, inseguiti, rimescolano il cuore, colui che è sveglio li lascia andare senza traccia.
(Sutta NipÄta)
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